giovedì 28 maggio 2020

Fire escape | Escape fire

Beyond the corridor of our space-time there are infinite numbers of universes,
each of them is governed by its own set of laws and physics.

Aveva disegnato due pianeti stilizzati e tre pentacoli a far da stelle dietro il corridoio dimensionale di cui la sua stessa madre aveva iniziato a raccontarle. Poi s'era fermata: sulla fisica e le leggi Chloe aveva lasciato prevalere un dubbio, tutto raccolto nella fronte rivolta alla figura ch'era madre e ch'era guida. Non serve che tu le conosca tutte le aveva detto, ma era importante: era importante che tenesse a mente che esistevano, quegli infiniti universi.

Ed in quell'immensità s'era persa allora, come più volte diverso tempo dopo: come quella volta in cui s'era infilata in uno di quei corridoi dimensionali per sfuggire ad un'esplosione, in un palazzo in fiamme - ci aveva guadagnato tanto fumo nei polmoni ed un braccio in frantumi. Così aveva capito: che con lo spazio-tempo non sarebbe mai stata abbastanza brava, abbastanza veloce da sottrarsi a fiamme incombenti, che si sarebbe sempre persa nel pensiero della fisica e di tutte le leggi di infiniti universi.

Forse per questo a James Ross non è sfuggita. E' passato circa un anno da quando ha temuto per lui, fuori da quello stesso palazzo: gli ha detto che Giles Corey è tornato ed è ad un'altro tipo di esplosione che lui l'ha condannata - spietata come la prima, come tutte, come il sangue ch'è causa e soluzione. Lo spazio-tempo l'ha avvolta, sedotta, ma è rimasta lì: a contar i cocci del vaso rotto, ognuno con un nome diverso - i nomi delle sue violente emozioni, tutte trattenute dentro il petto, fra il cuore ed i polmoni ricolmi d'aria.

Non è sfuggita al fuoco di Sicario, alla pallottola diretta all'occhio arcano inciso sulla fronte di Khymeia; non alla deflagrazione che ha raso al suolo buona parte della Baraccopoli e dei suoi abitanti, per via di quel furente guerriero oplita, e non è sfuggita ai razzi esplosivi di Doom, in una notte senza tempo e senza pace.

Ma s'è dimenticata: di universi, fisica e leggi, quando le fiamme han preso il suono delle parole roventi del Lieutenant Nguyen, su una scala anti-incendio - ironia della sorte. Quando il silenzio ovattato che riempie l'attimo dopo di una deflagrazione avrebbe potuto farsi assordante per le debolezze che nega, per i segreti che nasconde non dietro la schiena come una ragazzina - quella che è - ma dietro una maschera. Così lo spazio-tempo s'è piegato per accoglierla, e cullarla nell'illusione d'esser stata abbastanza brava. Abbastanza veloce.

And you'll learn, my dear,
that you'll have to get laws and physics due to ancestral thrill.
Like Rage. Like Fear. Like Love.

venerdì 22 maggio 2020

III.

PHILADELPHIA, la storia è sempre quella, ma stavolta è in un irish pub del Devil’s Pocket che ci troviamo. La ragazza che ha già altre due volte prima di adesso attirato la nostra attenzione ha un nome: si chiama Chloe Corey e no, non è grazie ai social che la riconosciamo. È la ragazzina ch’è in questo buco della Pennsylvania da un anno, quella ch’ha rimesso in sesto un vecchio locale sulla S 18th che dà sulla South Street e ne ha fatto una libreria - o meglio, una bottega dell’occulto: scritto su libri, inciso su oggetti e vecchi amuleti e sciolto in strane ampolle, fatti cenere e cemento da rabbia metallica, piombo e polvere da sparo. Si dice sia scomparsa per un po’ e poi riapparsa in un soffio d’Aria, lo stesso ch’ha riaperto le porte del pub dove ci troviamo oggi.

Per questo attira la nostra attenzione? Forse in parte sí, ma forse anche per quegli occhi torbidi ed azzurri, che a tratti bruciano ed a tratti si perdono in chissà quale mondo lontano. O per l’angolo delle labbra: il destro sembra aver vita sua, una vita ribelle, votata al tradimento delle violente emozioni della padrona, che quasi non ci prova più a trattenerlo - sa, forse, che la risposta è un dispetto e non un dono, disegnato come una fossetta proprio lì al lato.

Lo stile che indossa è sempre lo stesso: noir, a tratti un po' goth, come nelle balze ricamate delle parigine sempre diverse che le fasciano le gambe sottili, fin dentro anfibi neri sempre uguali; come negli shorts sfilacciati e a vita alta, al posto di una gonna, o di un vestito striminzito, o come nei voluminosi cardigan le cui maniche le arrivano a coprire la fonte di quel tintinnio perpetuo di braccialetti e minacciano di far sparire anche la sfilza d'anelli che impreziosiscono le dita scarne - solitamente solo uno si distingue per un pizzico d'eleganza azzurra in più. Un cappello nero a falde larghe è frequente ma talvolta sfugge, mentre un choker non manca mai: cambiano i ciondoli, spariscono, pendono da catenelle magari più lunghe d'accompagnamento, ma è sempre lì - motivo di uno o più freddi giudizi, cui lei sa sempre come rispondere.

Da qualche parte sul bancone trilla qualcosa: un cellulare di vecchia generazione, che come un oggetto aldilà del tempo suona d'una nota fuori scala per segnalare uno, due, anche tre messaggi. I movimenti leggeri di cui si serve per raggiungerlo s'estinguono nella rigidità con cui approccia il device, per visualizzar qualcosa. Qualcosa che cristallizza lo sguardo sullo schermo, ma un battito di ciglia le basta: per riemergere, per tornar a guardar per Aria; per piegar le labbra in un sorriso storto, profondamente sbagliato.

domenica 17 maggio 2020

It's all getting bad.

E' sciolto nell'azzurro torbido degli occhi di Chloe, rotto fra i frammenti del boccale infranto da Emma; risuona in tutto il metallo vibrante attorno ad Edith, e perfino nel silenzio della fuga di James. Sta andando tutto male, ma non lo dice nessuno.

La giuria ha dichiarato l'imputato, Tobey Turner,
colpevole per ogni capo d'imputazione.