venerdì 22 maggio 2020

III.

PHILADELPHIA, la storia è sempre quella, ma stavolta è in un irish pub del Devil’s Pocket che ci troviamo. La ragazza che ha già altre due volte prima di adesso attirato la nostra attenzione ha un nome: si chiama Chloe Corey e no, non è grazie ai social che la riconosciamo. È la ragazzina ch’è in questo buco della Pennsylvania da un anno, quella ch’ha rimesso in sesto un vecchio locale sulla S 18th che dà sulla South Street e ne ha fatto una libreria - o meglio, una bottega dell’occulto: scritto su libri, inciso su oggetti e vecchi amuleti e sciolto in strane ampolle, fatti cenere e cemento da rabbia metallica, piombo e polvere da sparo. Si dice sia scomparsa per un po’ e poi riapparsa in un soffio d’Aria, lo stesso ch’ha riaperto le porte del pub dove ci troviamo oggi.

Per questo attira la nostra attenzione? Forse in parte sí, ma forse anche per quegli occhi torbidi ed azzurri, che a tratti bruciano ed a tratti si perdono in chissà quale mondo lontano. O per l’angolo delle labbra: il destro sembra aver vita sua, una vita ribelle, votata al tradimento delle violente emozioni della padrona, che quasi non ci prova più a trattenerlo - sa, forse, che la risposta è un dispetto e non un dono, disegnato come una fossetta proprio lì al lato.

Lo stile che indossa è sempre lo stesso: noir, a tratti un po' goth, come nelle balze ricamate delle parigine sempre diverse che le fasciano le gambe sottili, fin dentro anfibi neri sempre uguali; come negli shorts sfilacciati e a vita alta, al posto di una gonna, o di un vestito striminzito, o come nei voluminosi cardigan le cui maniche le arrivano a coprire la fonte di quel tintinnio perpetuo di braccialetti e minacciano di far sparire anche la sfilza d'anelli che impreziosiscono le dita scarne - solitamente solo uno si distingue per un pizzico d'eleganza azzurra in più. Un cappello nero a falde larghe è frequente ma talvolta sfugge, mentre un choker non manca mai: cambiano i ciondoli, spariscono, pendono da catenelle magari più lunghe d'accompagnamento, ma è sempre lì - motivo di uno o più freddi giudizi, cui lei sa sempre come rispondere.

Da qualche parte sul bancone trilla qualcosa: un cellulare di vecchia generazione, che come un oggetto aldilà del tempo suona d'una nota fuori scala per segnalare uno, due, anche tre messaggi. I movimenti leggeri di cui si serve per raggiungerlo s'estinguono nella rigidità con cui approccia il device, per visualizzar qualcosa. Qualcosa che cristallizza lo sguardo sullo schermo, ma un battito di ciglia le basta: per riemergere, per tornar a guardar per Aria; per piegar le labbra in un sorriso storto, profondamente sbagliato.

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