sabato 14 marzo 2020

Cento anni di solitudine.

Cento anni di solitudine in un secondo, in un soffio di vento, in un salto di fede: sono sufficienti a rendere grezzo un cuore ed estranea una mente.

Ma sono niente: niente se paragonati ad un solo secondo di dolore, di quel dolore, inflitto dalla certezza di una perdita irreversibile. Sono niente per una come Chloe Corey che a questo Mondo è spesso stata un po' estranea, fino al momento in cui ha varcato la soglia dell'Hub: I posti sono solo posti le ha detto Noel al momento giusto, in un abbraccio giusto, ma smettono di esserlo quando pieni, quando le pagine da vendicare diventano persone.

Le guarda da lontano, Chloe, le persone che riempiono la Sala Briefing al rientro di quella maledetta missione: rannicchiata in una di quelle sedie troppo grandi, veglia come il corvo imperiale senza nome che, in un momento non ben precisato, è giunto ad appollaiarsi sullo schienale della sua seduta, rivolgendole per un solo attimo gli occhi tondi e neri - con un senso di appartenenza. Ma non le appartiene, né le appartengono Loro: non le appartengono le pesanti lacrime di Galen Grace, né il sorriso nervoso di Iphigenia; non il silenzio di Randy, di Sidoine, neanche la rabbia di Jimmy, o il senso di colpa di Iago. Ora meno di sempre, le appartengono, ma ora più che mai s'illude: d'essere stoicamente più forte di tutto quel dolore, della disperazione che le vela gli occhi e che scava nel petto, delle ferite cui adesso non bada. Di poterle vendicare, di poterli vendicare Tutti.





« Illuditi, mia cara. Illuditi sempre e comunque. Anche quando io non sarò più qui a dirtelo, voglio che tu non smetta di illuderti di poter cambiare questo mondo. Hai tra le mani il potere di farlo. »

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